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A chi non conviene il voto
anticipato Che
le forze dell’opposizione chiedano a gran voce il voto, si capisce
perfettamente, Grillo, Salvini, Meloni hanno fermato la proposta di riforma
costituzionale e si sentono la nuova maggioranza del Paese. Non fosse che
questi movimenti fra loro sono solo d’accordo sul chiedere le elezioni
anticipate, non hanno una proposta politica comune tale da ribaltare la
maggioranza già in questa legislatura e difficilmente la troveranno nella
prossima, anzi. In particolare il centrodestra appare diviso al suo interno
piuttosto nettamente. Questo mentre il Pd ed i suoi alleati, presa una sonora
sconfitta nel referendum, hanno mantenuto la loro maggioranza parlamentare,
tanto che Renzi si è dimesso dopo aver incassato un voto di fiducia, fenomeno
piuttosto raro nella storia repubblicana. Sarebbe dunque a dir poco insensato
che fosse proprio il partito che dispone del presidente del Consiglio e dei
principali ministri e sottosegretari dell’esecutivo a chiedere di sciogliere
le Camere, sommando la sua voce alle opposizioni. Il Pd, come partito di
maggioranze relativa ha ancora il dovere della responsabilità di questa
legislatura, a maggior ragione dopo la sconfitta referendaria. Considerando
poi i non pochi problemi del Paese che gli indicatori economici mettono in
risalto ogni settimana, l’Italia è appena tornata ad essere il fanalino di
coda nell’eurozona sul fronte occupazionale, non si riesce a capire quale
sarebbe il vantaggio per il partito democratico correre al voto in queste
condizioni. Tanto varrebbe suicidarsi, anche perché vediamo una mobilitazione
della sinistra interna di quel partito che non sembra essere promettente sul
piano elettorale, tutt’altro. Si capisce la delusione di Renzi e persino il
suo desiderio di rivincita, ma sarebbe invece il caso per lui di riconoscere
di aver commesso qualche errore, se non altro nel descrivere una realtà del
Paese molto diversa da quella che percepisce l’uomo della strada tutti i
giorni. Le cose non vanno ed è inutile raccontarsi che c’è stato un
miglioramento. Questa insoddisfazione generale ha condannato Renzi nel
referendum. Certo, la situazione è più difficile ora di qualche mese fa, ma è
anche questo il momento di vedere se correggendo la rotta si riesce a dare
qualche segnale incoraggiante al di fuori della mera propaganda. Altrimenti,
appena si avrà votato, Renzi ed il suo partito si rassegnino a passare la
mano e a prepararsi ad una lunga stagione lontano dalle stanze del governo. Roma, 2
febbraio 2017 |
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